lunedì 25 luglio 2011

Profumo.

L'olfatto è la macchina del tempo dell'uomo. O almeno, così è per me. Credo infatti che ogni ricordo sia imprigionato in una nuvola di profumo che, una volta assaporato, anche molto tempo dopo la prima volta che l'hai avvertito e incamerato, scatena quel ricordo nei cunicoli della tua mente e lo rende vivo, reale, istantaneo. E' vero che chi vive di ricordi non vive nel presente, ma è anche vero che sono proprio i ricordi a darci la spinta per affrontare la quotidianità, ogni qual volta, di solito per paura del domani, sostiamo titubanti sul bordo della giornata e facciamo il giro largo del cratere invece di buttarci nel vuoto, dove ci stanno aspettando tutti gli altri, i quali chiamano a gran voce il nostro nome. E noi facciamo di "no" col dito, visibilmente imbarazzati, come quando rifiutiamo un invito a ballare durante una festa o di metterci in posa per una foto. Ecco, è a quel punto che il passato, sotto forma di ricordi (anche perché non esistono altre forme di passato, se ci pensate bene), come un'enorme mano, ci spinge giù, in quel vuoto che poi tanto vuoto non è. E non smetteremo mai di ringraziare questo gesto che, a prima vista, ci è apparso vigliacco e subdolo.

E dunque, i ricordi che si manifestano attraverso l'olfatto. In effetti, altri sensi si presterebbero a questo fine, su tutti la vista. E perché no, anche il gusto. Eppure, per me, l'olfatto non ha rivali. Un profumo, un odore, condensano in una nube vaporosa momenti, gesti, sguardi, emozioni e sentimenti. E li risvegliano per mezzo, appunto, dell'olfatto, del naso; di una parte del corpo, cioè, di solito considerata solo per l'aspetto estetico e oggetto di rifacimenti artificiali fini a se stessi e utili solo a non ridere di sè allo specchio. Qui, però, si parla di profumi, quelli che, una volta inspirati, arrivano nei polmoni e da lì vanno a nutrire direttamente l'anima, che si gonfia a dismisura e causa nel corpo quel brivido inspiegabile che ognuno di noi avverte quando sente un profumo particolare. Non è colpa del freddo, né di un prurito al naso: è semplicemente l'anima che vuole uscire dal corpo per esprimere al mondo il suo stato. Uno stato d'animo, appunto.

Per questo sono legato a particolari profumi, che mi sottopongono, ogni volta che li avverto, a strani deja vu di emozioni. Ad esempio, quando sento l'odore di erba tagliata da poco, mi tornano in mente le partite a calcio giocate da bambino in un campetto a casa di un amico fraterno, d'estate, con due giare a mò di pali della porta e l'albero di pere a bordo campo, che alla prima pallonata produceva un raccolto degno di nota. L'albero c'è ancora e, quando io e questo amico, ora che siamo cresciuti, ci affacciamo dal balcone che dà su questo campetto in miniatura, l'albero ci guarda con terrore, come una volta. Senza sapere che, ormai, giochiamo quelle partite solo con la memoria, sbucciandoci ugualmente le ginocchia. Ed è forse per questo che, ogni tanto, ci scende una lacrima sulle guance.

Oppure penso al profumo della legna che arde nel camino, che mi ricorda le cene di Natale a casa di mia nonna, quando tutti, dopo aver mangiato, giocavamo a tombola in attesa della mezzanotte per aprire i regali. Un tavolo enorme e davanti un camino, che riscaldava l'ambiente e i cuori. Ogni tanto vorrei essere quel camino, per accendermi e rivedere impressa nelle fiamme quell'immagine felice che sicuramente avrà memorizzato meglio di me. Un'immagine fatta di gente in attesa di un numero estratto da un sacchetto azzurro di panno. Una persona sorridente per ogni numero. E la consapevolezza dell'irripetibilità di quegli istanti, poiché alcuni numeri non ci sono più.

O ancora, il profumo della vestaglia indossata d'inverno da mia madre, quando mi rimboccava le coperte. Questo non so proprio descriverlo, mi viene in mente solo la parola "candore". Eppure mi addormentavo subito, dopo quei gesti collaudati, accompagnati da quell'odore rassicurante. Io che, tutt'ora, anche d'estate, cerco sempre con le gambe e con i piedi qualcosa che mi copra per il sonno. O forse, sto cercando in realtà qualcuno che, ancora oggi, lo faccia per me.

E perché no, anche i profumi della gente. Io ricollego un profumo al suo "portatore", diciamo così. Avverto la sua presenza o, comunque, sentendo quel profumo in giro, mi ricordo subito di quella persona. E non faccio riferimento solo ai profumi artificiali, ma anche e soprattutto a quelli umani, che sprigionano dalla carne o dai capelli. E che si imprimono sui letti, sui divani, sulle cose di ogni giorno. Dando prova del nostro esistere, del nostro respirare, ogni attimo, ogni vita. Spruzzati nell'aria ogni volta che i polmoni si sgonfiano e buttano fuori l'anidride carbonica.

La lista è davvero lunga, ma credo che con questi esempi abbia reso l'idea. E adesso, andando a letto, anche tutti i sensi, come me, andranno a dormire. Tutti, tranne uno: l'olfatto. Perché il naso serve a respirare, anche di notte. E a cogliere gli odori che popoleranno i miei sogni. Per farmi rivivere quei momenti, non importa se ciò avviene mentre sto dormendo. D'altronde, un ricordo si lega al passato e perciò, per definizione, spezza il filo logico del tempo e delle giornate. E con esso, quello della realtà e del sogno, dell'essere e dell'immaginazione. Creando un istante in cui tutto nasce e tutto muore.

Come quando ricordi un profumo. Come quando profumi un ricordo.

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