lunedì 21 febbraio 2011

L'Italia di Sanremo (2)


Premessa: “Credo che valutare il momento storico del proprio Paese, al giorno d’oggi, non sia un compito poi così difficile. Basta infatti analizzare qualsiasi fenomeno sociale per arrivare ad un risultato soddisfacente, senza bisogno di addentrarsi in complicate riflessioni politiche o culturali.. ma per il semplice fatto che manca la materia prima. Ecco perché ho deciso di fare ciò, dopo aver visto il Festival di Sanremo, fenomeno sociale per eccellenza.” Così scrivevo un anno fa ("L'Italia di Sanremo" in http://acneapolis.altervista.org/blog/)

Sanremo. Un anno dopo. Progresso o regresso, questo è il problema. Io direi un sostanziale pareggio: X in schedina, con buona pace dei bookmakers più arditi.
Devo ulteriormente premettere che quest’anno ho visto poco il Festival. A parte la serata d’apertura e qualche sprazzo nei giorni successivi, posso dire (con tiepido orgoglio) di non far parte delle percentuali di pubblico indicate sui giornali. Piuttosto faccio parte, complessivamente, della percentuale opposta. Detto ciò, non posso non spendere qualche parolina sull’evento canoro. La prima buona notizia è che finalmente ha vinto un cantante con la C maiuscola e non l’ennesimo pus fuoriuscito dalla solita ferita da fuoco “Amico”. Vecchioni, col suo fare signorile, low profile, mingherlino, è piaciuto a tutti (giovani, adulti, interisti e non) e ha meritato di vincere. Con una canzone che parla d’amore, di sogni, di libri veri, di giovani, di poesia, di memoria, di idee e di donne. Tutti argomenti ormai dimenticati. E un ripasso fa sempre bene. Soprattutto a chi crede di conoscerli, ma poi, all’atto pratico, rimane imbambolato, come un burattino penzoloni quando il burattinaio si allontana per fumare una sigaretta e lascia i fili appesi al chiodo. Perciò, almeno nell’esito finale, può davvero parlarsi di Festival della Canzone Italiana. L’altra buona notizia, infatti, è che non hanno nè vinto Al Bano nè Emma (piacere, io sono Ettore, tu chi ca**o sei??), come si era temuto alla fine. Il che fa guadagnare un sacco di punti all’intera manifestazione, dopo tutti quelli che aveva perso durante lo svolgimento. Dall’evidente impaccio di Morandi presentatore (mai superato), alla gaffe del rappresentante di RaiTrade che anticipa i risultati del televoto (che poi, come faceva Vecchioni ad essere danneggiato da tutto ciò? Si sa che l’italiano, per sua natura, si schiera col più forte e quindi l’avrebbe votato di nuovo!), fino alla ridicola par condicio ostentata dai pur bravi Luca e Paolo ed ai maldestri tentativi di Belen e della Canalis di farsi notare per altre cose che non fossero cosce, tette o culi (comunque notevoli).

Parentesi Benigni. E mica tanto parentesi. Quando si dice “dote naturale”: potrebbe leggere anche gli ingredienti del bagnoschiuma e commuovere allo stesso modo di quando recita il canto di Paolo e Francesca. Perciò, mentre fa l’esegesi dell’Inno nazionale per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, tutta l’Italia sintonizzata su RaiUno pensa al proprio passato, riassunto con maestria e forza dallo stesso Benigni, e al suo presente, che speriamo diventi presto passato, anzi trapassato. E si unisce per davvero. Che di questi tempi è cosa rara. E infatti non mancano le critiche, legate al suo compenso “pagato con i nostri soldi”. Potrei rispondere con lo stesso qualunquismo di queste persone: preferisco darli a lui i soldi che ai nostri parlamentari. Non volevo farlo, ma mi sono visto costretto. Dispiace pensare che la cultura invocata a gran voce, in realtà debba avere il requisito della gratuità per essere accolta. Altrimenti si mette in fila con tutto il resto, finendo per galleggiare nella melma vischiosa in cui chi riesce ad uscire la faccia per preservarla dalla lordura (e non per respirare) è un re. È come chi dice di amare il cinema ma poi guarda i film in streaming. Che pena. Temo che ci vorranno altri 150 anni per comprendere quelli che sono ormai praticamente trascorsi. Per la cronaca: l’intero compenso di Benigni è stato devoluto in beneficienza. La solita trovata pubblicitaria.