martedì 17 dicembre 2013

Crismas laits (ovvero: t'addobbo io come si deve!)

È l’argomento del giorno a Messina. No, non si tratta dell’ennesima protesta di una categoria di lavoratori random oppure del solito incidente per uso improprio di rotonda. È l’affaire “addobbi di Natale”.

Ricapitolando: Natale si avvicina e la città è sempre a rischio default; i cittadini si lamentano e sono arrabbiati perché non si vede la luce in fondo al tunnel; l’attuale amministrazione della città a rischio default non ha previsto l’installazione di "luminarie" e alberi di Natale per quest’anno; i cittadini si lamentano e sono arrabbiati perché metti caso che fossero proprio quelle le luci in fondo al tunnel; l’attuale Sindaco, prima che diventasse Sindaco, si lamentava e si arrabbiava con l’amministrazione precedente per il dispendio natalizio di denaro e alberi e per il mancato utilizzo di addobbi già acquistati; l’amministrazione precedente si lamentava e si arrabbiava con quello che sarebbe stato il futuro Sindaco, piazzava addobbi nuovi in città e chiudeva alcune strade al traffico per permettere un sereno shopping natalizio; i cittadini si lamentavano e si arrabbiavano perché, anziché pensare ai loro problemi, la precedente amministrazione sprecava tempo e risorse per addobbi buoni per sì e no un mese scarso e perché, inoltre, con le strade chiuse, il traffico aumentava, non c’erano soldi da spendere nei negozi, i negozianti si lamentavano e si arrabbiavano per le strade chiuse senza doppie file ad hoc e, infine, ci si lamentava e ci si arrabbiava perché i soliti “vandali” avevano già distrutto tutte le fioriere e le palle di Natale installate per l’occasione; i cittadini che si lamentavano e si arrabbiavano, non appena hanno potuto, hanno eletto Sindaco chi si lamentava e si arrabbiava come loro; e adesso, che nemmeno gli addobbi preesistenti sono più utilizzabili, i cittadini si lamentano e si arrabbiano ancora, perché lamentarsi e arrabbiarsi senza “luminarie” è ancora più brutto e triste. Oltre che è tutto al buio e non ci si può lamentare e arrabbiare a vicenda, facendo a gara a chi si lamenta e si arrabbia di più.

Io propongo due soluzioni al problema, fra di loro anche complementari.

La prima: ogni cittadino che abbia la disponibilità di una casa con almeno una finestra, oppure un balcone, un oblò, una feritoia o simili, nonché munito di addobbi natalizi, possibilmente luminosi, espone, presso la suddetta finestra, feritoia, ecc. uno di questi addobbi per tutta la settimana natalizia, accendendoli verso sera per un paio d’ore circa (è sufficiente anche collocare il proprio albero di Natale di fronte alla finestra in questione). Tali addobbi, magari uniti ad un albero di Natale offerto dall’amministrazione e posto dinanzi al Municipio (albero finto e riciclabile, non nel senso di gettarlo nella raccolta differenziata dopo l’Epifania, ma nel senso di riutilizzarlo nelle prossime “edizioni”), illumineranno l’intera città, faranno entrare Messina nel Guinness dei primati come città più natalizia del 2013, ci rammenteranno che è Natale, attireranno turisti, elfi e gnomi da tutto il mondo (si lo so, sto esagerando: a Messina i turisti non esistono) e, last but not least, rallegreranno i cuori affranti dei messinesi. Una città addobbata a festa, dalla periferia al centro, a costo zero e con il contributo di tutti.


Ah scusate, mi ero lasciato trasportare dalla mia fervida immaginazione e stavo dimenticando di dirvi qual è la seconda soluzione. La seconda cosa da fare è: vergogniamoci.

sabato 27 luglio 2013

Una 4 stagioni e una Coca Cola.

Tempo fa, a primavera inoltrata, mi è capitato di guardare dal finestrino di un treno distese e distese di girasoli. Tutti uguali, tutti alla stessa altezza, tutti rivolti verso il sole, tutti belli. Impossibile trovarne uno diverso, o più bello degli altri. Però, se tu fossi stata un girasole, ti avrei scorto subito.

Penso alle spiagge d'estate. Granelli di sabbia minuscoli e identici, asciutti e ruvidi. Puntini scuri che si schiariscono col sole. Indistinguibili. Però, se tu fossi stata un granello di sabbia, ti avrei scorto subito.

Oppure un tappeto di foglie in autunno. Si lasciano andare dagli alberi e piano piano, come avessero un paracadute, si posizionano una sopra l'altra, come quel gioco che si faceva con le mani da bambini. Sono tessere standard di un mosaico di madre natura. Però, se tu fossi stata una foglia, ti avrei scorto subito.

Lo scorso inverno ho visto per la prima volta la neve cadere. Copiosa, scintillante, fredda. Fiocchi tutti uguali, morbidi e gelidi, avvolgenti e seducenti. Tutti che cadevano dal cielo e finivano giù in strada allo stesso modo. Però, se tu fossi stata un fiocco di neve, ti avrei scorto subito.

E' come una bottiglietta di Coca Cola immessa nel mondo, col tuo nome scritto sopra. Andata a finire in uno stadio durante un concerto. E poi capitata per caso nelle mie mani.

Sei il mio girasole, il mio granello di sabbia, la mia foglia d'autunno, il mio fiocco di neve.

Me l'ha detto anche la Coca Cola.






mercoledì 26 giugno 2013

Il voto di cambio.

Chi ci ha creduto fin dall'inizio.
Chi non ci ha creduto anche dopo la fine.
Chi ha cambiato idea tra un voto e l'altro.
Chi nell'urna non ci ha messo soldi ma solo il segreto.
Chi si compra la pasta in autonomia e fa benzina dove capita.
Chi ha votato felice. Minuscolo.
Chi era lontano e ha raccontato di una piccola città come la più grande del mondo.
Chi ha imparato di nuovo ad andare in bicicletta.
Chi si è commosso come un bambino.
Chi ha esultato come allo stadio.
Chi ha corso all'impazzata nella folla.
Chi ha contribuito anche solo convincendo un amico.
Chi vive fuori ed è tornato a casa solo per mettere una ics. Sempre sullo stesso nome.
Chi ha abbracciato a casaccio.
Chi ha ritrovato gioia e passione, così, senza rendersene conto.
Chi ha accettato di rinascere ammettendo con umiltà di essere ormai morto da un pezzo.
Chi ha spento i cinici e gli scettici con una lacrima di gioia ancor prima che si spegnessero da soli.
Chi alla fine ha sorriso guardando in alto e ringraziando per il miracolo un pilone.
Chi il giorno dopo ha camminato a testa alta.
Chi, alla fine,anche di notte, ha colto quel raggio di sole dagli occhi di un uomo stanco ma vero.
Chi ha iniziato a mettere quel raggio di sole nella vita di tutti i giorni.

Tutti loro lo hanno sostenuto e votato. Nessuno di loro ha voluto qualcosa in cambio. Se non il cambio in quanto tale.

In bocca al lupo Renato. E grazie.


lunedì 22 aprile 2013

Adesso mi tolgo qualche Pitruzzella dalla scarpa.


Carissimo Pitruzzella,

non sono un saggio, né un esperto di antitrust. Ma sono residente a Messina, vivo a Milano e, soprattutto, nella mia vita, ho preso molti treni per tornare a casa.

Non riesco a fare i salti di gioia all’annuncio che, sulla tratta Roma - Milano, è stata vinta la battaglia della concorrenza, a tutela del consumatore, grazie a Italo. Sebbene anche io sia un sostenitore dell’accattivante flotta NTV, mi rammarica pensare come, in realtà, gli sforzi dell’Autorità di settore si siano concentrati tutti su una sola fetta di mercato del trasporto ferroviario, quella di sicuro più redditizia, ma non per questo l’unica, tralasciando e abbandonando al suo destino tutto il bacino centro-meridionale. Ad oggi, non esiste l’alta velocità da Salerno in giù, per arrivare alla fine dello Stivale occorre assieparsi su uno dei pochi treni a disposizione (di cui due soli Frecciargento, di Italo nemmeno l’ombra) a prezzi esorbitanti, in condizioni disumane e con ritardi e imprevisti quotidiani, causati, per lo più, dalla condizione a dir poco precaria delle vetture e dei binari. Senza dimenticare che, per gran parte della tratta Messina - Catania, è in funzione un solo binario, per entrambi i sensi di marcia. Ma qui il discorso si farebbe troppo lungo, quasi quanto un Ponte su uno Stretto.

Ora, parlare di concorrenza nel mercato vuol dire, innanzitutto, considerare l’intero mercato nazionale. Oppure, ammettere che, da Roma in giù, non si tratta di mercato, ma, tutt’al più, di mercatino, oppure di bancarella.

Ma siccome, fino a prova contraria, tutti i cittadini sono uguali, sarebbe auspicabile una presa di posizione attiva da parte dell’Autorità competente, che non si limiti alla ricognizione delle problematiche e a tragici segni di assenso con la testa, quasi sconsolati, sulla realtà del sud-Italia, ma passi, ad esempio, per proposte come quella di aprire il mercato in cambio di interventi sulle infrastrutture esistenti o di impegni ad ampliare il raggio dei servizi.

E per un istante ritorna la voglia di vivere a un'altra velocità… passano ancora lenti i treni per Tozeur.

Che in effetti non è poi così lontana da casa.

sabato 20 aprile 2013

Vorrei essere un vulcano: se erutto, non mi devo scusare.

Titolo approssimativo. Ma il mio subconscio vorrebbe che io fossi in grado di maneggiare la lava, per cospargere la realtà, lasciarla solidificare e riproporla fra cent'anni ai posteri. Per farci prendere per il culo.

Premetto che non ho nulla contro Napolitano. E' un brav'uomo e assomiglia a mio nonno buonanima. E stasera non ha rilasciato molte dichiarazioni, perché erano quasi le 19, si era già messo il pigiama, stava per iniziare l'Eredità ed era praticamente ora di cena.

Piuttosto, ho molta rabbia e disgusto. Per essere stato preso in giro, da chi proclamava la propria integrità morale e poi si è sgretolato, come un foglio che brucia nell'urna. Funeraria, che avevate capito.

L'unico dato positivo è che, forse, stavolta abbiamo aperto gli occhi. Tutto è più chiaro (o davvero tetro, a seconda di come la si vede): una poltrona (che poi è uno scranno, diciamocela tutta!) vale più della dignità e delle promesse. Lacrime di coccodrillo valgono più di mille parole al vento. Uomini calvi sfoggiano crani lisci che in teoria dovrebbero fare arieggiare il cervello. Franchi tiratori e tiratori franchi si alternano senza soluzione di continuità. Fioccano accordi sottobanco per salvare il salvabile. Ma suonano stonati. E la corda della chitarra si è spezzata. Poi si vedrà, se ripararla o annodarla a mo' di cappio e appenderla a una trave.

E infine, tutto si è concluso con un applauso liberatorio. Standing ovation, abbracci, esultanze scomposte, baroni rampanti e Cavalieri tutt'altro che inesistenti. Per aver scacciato la paura di aver compromesso tutto. Oppure, di aver perso per uno scacco matto del tutto inaspettato. Grazie a cinguettii che allora, col senno di poi, non erano solo pettegolezzi e dicerie.

Il popolo vuole un giurista: stiamo scherzando, coi tempi che corrono... giammai! Meglio vecchi squali confondibili con soubrette... anche quelli no?!? E allora, a Mali estremi... estremi rimedi! La soluzione migliore è sempre la più semplice: il futuro, decliniamolo al passato! Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova!

E quello che si poteva trovare nel celebre proverbio era forse il cambiamento? La forza di rialzarsi tutti insieme? La rivoluzione? Ma và! Onestamente: serve a qualcosa organizzare assembramenti in piazza? Oppure organizzare assalti all'arma bianca, a cavallo o addirittura su un camper (che poi cambia strada)?

Lì dentro, fra quelle mura, non si entra, nemmeno bussando. Solo col voto.

Caro Rodotà, è vero che ciò che decide il Parlamento è democrazia. Ma è altrettanto vero che ciò che decide la democrazia, purtroppo, è Parlamento.





giovedì 18 aprile 2013

A questo punto mi chiedo per cosa stiamo protestando.


A questo punto mi chiedo per cosa stiamo protestando.

Perché il Presidente della Repubblica non possiamo votarlo direttamente noi? Perché, in teoria, adesso è come se lo stessimo votando noi? Perché se allora fosse stato così non ci sarebbero stati questi nomi e questi numeri? Perché la rabbia cresce ma anche l'Arabia non è mica un brutto posto dove espatriare? Per lo scontato inciucio fra Bersani e Berlusconi? Perché niente cambia e figuriamoci se si trasforma? Perché Renzi ha perso le primarie? Perché Grillo straparla? Perché per una volta avevamo pensato che il voto per i Presidenti di Camera e Senato fosse stato libero da ogni compromesso? Perché è vero che i Governi si fanno coi compromessi ma è altrettanto vero che il "compro" iniziale non necessita per forza di uno che si vende? Perché i nostri rappresentanti politici hanno tradito l’elettorato? Perché il partito ha tradito la propria ideologia? Perché tutti tradiscono tutti e i cornuti non si contano? Perché, a proposito di cornuti, a questo punto, il PD che accusa il PDL è come il bue che dice cornuto all’asino? Perché se Bersani e Berlusconi avessero proposto Rodotà non saremmo qui a protestare? Perché il PD non vuole votare uno di sinistra? Perché Bersani ha abbracciato Alfano? Perché sono entrambi pelati? Perché Bersani ha la cravatta rossa delle grandi occasioni? Perché ci siamo resi conto che la Sicilia di Crocetta non può replicarsi in Parlamento tranne oggi e comunque solamente sotto forma di tre delegati? Perché anche Crocetta non vota Marini? Perché non si tratta di Valeria Marini come avevamo sperato?

O forse perché fuori da Montecitorio va in scena la protesta dei cittadini e ci rendiamo conto che, ancora una volta, siamo appunto fuori e non ci fanno entrare?

giovedì 27 dicembre 2012

Disordinato come un giocattolo.

Mi trovavo in un negozio di giocattoli per comprare un calendario dell'avvento. In ricordo dei tempi in cui le attese non equivalevano ad ansie ma a cioccolatini nascosti nemmeno tanto bene. Al che mi sono accorto che in quella piccola bottega, cadente come i due vecchietti proprietari, regnava il caos più totale. Giocattoli dappertutto, senza un ordine preciso, ammonticchiati alla bell'e meglio, introvabili senza una guida del posto.

E allora ho pensato che alcune cose appaiono in disordine agli occhi dei più, ma, in realtà, sono più ordinate di un'enciclopedia su uno scaffale. O meglio, certi oggetti acquistano la propria identità solo se sparpagliati nel mondo, in modo tale da essere trovati da chi ha occhi diversi da tutti gli altri, come i bambini, appunto. Da chi, cioè, non si cura del disordine ma è ancora capace di capire quando è l'eccessivo ordine a dover fare paura. 

E dunque un giocattolo deve stare in disordine, riempire una stanza, esser gettato con tutti gli altri dalla cesta nel quale è stato erroneamente stipato e dentro la quale è sparito, per poter fare rumore a contatto col pavimento ed esplodere nei suoi colori matti. 

In quel negozio, ho quindi capito che il caos che avevo creduto di vedere era piuttosto la maschera di ordinanza di un disordine congenito e primordiale dei giocattoli. Che non poteva essere altrimenti, sennò il negozio sarebbe stato vuoto. Quasi una rassegnazione alle regole della natura, un pò come quella dei due giocattolai, che con le loro dita stanche incartavano quei piccoli oggetti gioiosi, con una cura ed un'attenzione che sarebbero state poi vanificate da impazienti manine, curiose e laceranti, intente solo a trovare il regalo e incapaci di apprezzarne l'involucro.

Ecco, se fossimo ancora in grado di innamorarci della purezza del disordine, dell'inutilità delle cose perfette, del piacere di perderci in cunicoli di cose pensando solo a trovarle, anziché a capirne la collocazione, forse riusciremmo ad accorgerci che su questa terra rotoliamo tutti allo stesso modo, perché è bello seguirne le rotondità, lasciandosi scivolare.

E' stato dunque in quel negozio di giocattoli che ho capito perché sorrido quando lasci la casa in disordine. E perché, quando torno, ignoro tutto il resto e mi concentro nei tuoi occhi. 

Per comprendere il punto di vista delle cose belle.