mercoledì 13 luglio 2011

Il tempo e una foto.

In ritardo. Non negli appuntamenti di ogni giorno, per i quali, anzi, collezioni ore e ore di solitudini immeritate. Ma in quelli della vita. Quelli in cui devi vestirti elegante e presentarti col mazzo di fiori per la padrona di casa. Puntuale e col sorriso, non importa se falso. Tanto comunque riderai, dopo, alla fine della storia. E lo farai di gusto, felice di aver dato la risposta corretta, avendo sempre saputo, prima di tutti gli altri, che una domanda può cambiarti la vita. Ma che non per questo devi avere paura di rispondere.

Cosa aspettarsi, d'altronde, da chi ha sempre sbagliato momento? E' mai possibile pretendere il rispetto del tempo da chi sbaglia sull'istante? Ovviamente no. Perciò puoi fare solo spallucce, rassegnarti un pò e prendertela con te stesso. Così, tanto per farti un altro pò di male. Poi magari ci sarà pure chi ti rimprovererà perché ti stai mangiando le unghie. Senza sapere che, in realtà, ti stai mangiando le pellicine delle dita, perché le unghie sono finite ormai da tempo.

E poi c'è lei. Che stravolge il rapporto causa - effetto, essendo al tempo stesso causa, effetto e di nuovo causa. Bella come una foto in bianco e nero, coi bambini sulle scale in ordine sparso e i nonni e le nonne seduti su instabili sedie impagliate, che non vogliono cambiare per niente al mondo. I primi appoggiati comunque al bastone, anche se non ne hanno bisogno; le seconde che mostrano le gambe accavallate avvolte in spessi collant, approfittando del fatto che i mariti stanno guardando altrove, ossia verso l'obiettivo. Sono alti tutti uguale, vecchietti e nipotini, nonostante l'età. O forse proprio a causa dell'età, perché dicono che invecchiando si diventa sempre più bambini.

E tutti sorridono. O almeno così ti sembra. Allora avvicini la foto agli occhi, per vederci meglio. E mentre l'inconfondibile profumo della carta delle vecchie fotografie ti riempie i polmoni - un misto tra caffè e frutta secca - ti rendi conto che quei visi, così chiari da lontano, da vicino ti appaiono sfocati. Ma nonostante ciò, concludi per il sorriso. Perché quando ci si fa una foto si sorride sempre. E poi immagini che, dopo lo scatto che stai fissando ormai da minuti, tutti i bambini siano scappati via a giocare, suscitando i rimproveri dei nonni perché era pronto in tavola. E sorridi pure tu. Comprendendo che avevi ragione. Che non si può non sorridere in una foto.

Insomma, nella vita, anche se sbagli il momento, l'ora o il tempo, finirai comunque per sorridere, come quando guardi una vecchia fotografia. Per rassegnazione o per menefreghismo, perché tutto ti scivola addosso o perché sei tu quello che è scivolato, e ridi di te stesso assieme a tutti quelli che hanno assistito alla scena. Come quando da bambino cadevi faccia a terra e appena i tuoi genitori ti rialzavano, nell'incredulità generale dei presenti pronti ad un lungo pianto, inaspettatamente scoppiavi a ridere. E tutti ridevano con te e ti dicevano "bravo" battendo le mani.

Forse, però, non c'è una vera e propria ragione. E sorridi per un motivo oscuro anche a te stesso. Per lo stesso motivo, cioè, per cui il caffè ogni tanto lo prendi con lo zucchero e ogni tanto senza. E se mentre lo bevi ti cade sul libro che stai leggendo, non ti arrabbi ma aspetti che si asciughi, per poi avvicinare il naso al foglio. Per inspirare quel profumo che ti piace tanto. Perché ti ricorda quello di una vecchia fotografia in bianco e nero.

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