mercoledì 4 maggio 2011

Domanda(ndo) e risposta(ndo).

"Quale di questi modi del verbo non ha nè singolare nè plurale? Imperativo, congiuntivo, condizionale, gerundio".

Leggo questa domanda in tv e credo di essermi sintonizzato su un canale per bambini. Mi illudo, anzi, di rivedere finalmente Tonio Cartonio con quei suoi abiti sgargianti e quel sorriso pazzoide, a dispetto delle malelingue che lo vogliono ormai smarrito nel tunnel della droga. E invece mi trovo al cospetto di uno dei quiz show che vanno in onda sulle reti nazionali ogni tardo pomeriggio, prima del Tg. La domanda, per inciso, vale 20.000 euro. Cioè, è come se per la strada un tizio mi ferma, mi chiede come mi chiamo, controlla sulla carta d'identità se ho risposto esattamente e per premiarmi mi regala 200 euro. Che culo, aggiungerei. Poteva andarmi peggio. Poteva chiedermi il Comune di residenza, ad esempio. O addirittura i segni particolari. Ma comunque. Tornando alla domanda del quiz, la concorrente, alla vista del "domandone", strabuzza gli occhi e, fingendo concentrazione (che già di per sè è una cosa penosa, se si considera la domanda), afferma di non ricordarsi bene la risposta. Gelo in camera mia. Che forse la risposta è "gerundio", ma non è sicura. Talmente gelo che appaiono un pinguino e un orso polare, che si coricano accanto a me nel letto e restano intirizziti persino loro. Che quasi quasi dice "gerundio", però non vorrebbe sbagliare. Come se le avessero chiesto quanti fiumi ci sono in Sicilia o cos'è un clavicembalo. Alla fine si "butta"(non dal terzo piano o a mare con una palla di piombo al piede, come sarebbe più opportuno) e risponde "gerundio". Naturalmente, questo premio nobel in potenza (nel senso che il premio le sarà consegnato nel capoluogo lucano, dopo di che verrà abbandonata nell'entroterra in balìa dei briganti e dei lupi), insomma questo genio della lampada (che si manifesta anche senza strofinio, basta accendere la tv) arriva in finale. E, a dimostrazione che c'è una giustizia divina anche in queste cose, al gioco finale perde il bottino sanguinoso che ha raccolto durante la magnifica cavalcata che nel giro di un paio d'ore l'aveva elevata dall'essere un quisque de "concorrentis" al rivestire i panni della vincitrice della puntata. Panni sporchi, che però non si lavano in casa (della concorrente), come il proverbio insegna, magari con l'aggiunta dell'indice alzato in segno di ammonimento. Dobbiamo lavarli noi, quando per sbaglio capitiamo il quiz in tv e assistiamo a questi spettacoli pietosi. Illudendoci di vedere qualcosa che ci faccia "staccare il cervello" per qualche minuto, la sera. Senza sapere che, in realtà, chi stiamo guardando lo ha fatto prima di noi. O forse il cervello non l'ha mai acceso.

Che voi possiate perdonare il mio sfogo. Io non potrei farlo. Che io possa cambiare, anche solo un pochino. Anzi, aiutatemi voi. Aiutami tu, lettore che stai leggendo queste parole. Parole che non dovrebbero essere così dure, essendo per lo più di rassegnazione e sconforto. E io, essendo rassegnato e sconfortato, le scrivo.
"Quale di questi modi del verbo non ha nè singolare nè plurale? Imperativo, congiuntivo, condizionale, gerundio".

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