venerdì 6 maggio 2011

Ode al Mare.

Leggo un libro che parla di oceani e ascolto quella che è stata definita la Marina Commedia. Provo a rimediare all'assenza del Mare senza accorgermene. Ma l'immagine virtuale che si forma nella mia mente non assomiglia nemmeno un pò a quella reale. A quella che vedo dal balcone di casa mia.

Di mattina presto, alle prime luci del giorno, quando, nel mio peregrinare insonne per la casa, arrivo in salone e lo guardo placido e calmo, dorato dai raggi del sole, pulito dalla brezza dello Stretto, al che mi rilasso e torno a letto, riscoprendomi capace di addormentarmi in orari da gufo.

Di pomeriggio, quando il traffico di navi lo satura e lo snatura, ma Lui indomito resiste e fa passare tutti, si indigna schiumando al loro passaggio, cerca con tutte le forze di mantenere un equilibrio, di conservare intatta la superficie piatta e orizzontale, tagliata come una lama dalle chiglie, ferite da cui fuoriesce sangue di schiuma, che subito si rimarginano.

Di sera e di notte, quando finalmente il sole lo abbandona e Lui torna al suo colore naturale, il nero, col quale nasconde i pesci alle lampàre, predatori scaltri e ingannatori che riproducono la luce che non c'è, pallide imitazioni del sole, scivolano sull'acqua che è inchiostro, qualcuno vi intinge la punta di un pennino e disegna in cielo le stelle, attento a fare un cerchio perfetto mentre ricalca il contorno della luna.

Quando è agitato, sconvolto dal vento di tramontana che lo vuole gelare, dalla pioggia che lo riempie di acqua dolce che si fa strada nel sale, ogni goccia vuole essere l'ultima che faccia traboccare il vaso che lo contiene, dalla sabbia dello scirocco che lo vuole soffocare e confondere, ma Lui li lascia passare, come fa con le navi, superiore e superbo dall'alto delle sue onde, si piega, anzi si increspa, ma non si spezza, perché pioggia e vento prima o poi finiscono, Lui no, e di questo ne è consapevole.

Perché solo camminando in riva al Mare riesco a pensare davvero, respirandone il profumo salmastro e vivo, che sprigiona dall'acqua, dal fondale e dai pesci, che nessuna boccetta riuscirà mai a imprigionare e riprodurre, e nessuno scarico riuscirà mai ad uccidere, microscosmo perfetto di riva e brezza marina, superficie soffice di sabbia bagnata, le mie caviglie vi affondano e così rallento il passo, la natura ha inventato la morbidezza del bagnasciuga per far durare quel momento il più a lungo possibile, l'acqua bagna i piedi, carezza tremula di una donna, legame nodoso col Mare, che mi scorta silenzioso, risponde alle mie domande e dissipa i miei dubbi, perché il Mare ha sempre una risposta. Allora mi fermo un attimo, mi volto verso di Lui, lo ringrazio chiudendo gli occhi e abbassando il capo in segno di rispetto, e riparto.

Ci si chiede sempre cosa ci sia oltre il Mare, quando non si riesce a vedere le terre al di là dell'orizzonte. L'uomo, senza confini, impazzisce. Per me la risposta è semplice e mi dà sicurezza. Oltre il Mare c'è ancora Mare.

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