lunedì 23 maggio 2011

24. Attimi.

Un anno per ogni ora del giorno. Dal prossimo, passo all'indomani. 24 suona bene: è quel "quattro" che rafforza la pronuncia del numero, lo rende importante e serio, forse un pò troppo. Forse non fa per me. Forse la giostra del tempo gira troppo velocemente e io non ci voglio salire. Preferisco rimanere al tiro al bersaglio, dove decido io quante freccette tirare e quante tenerne in tasca, anche se pungono. Purtroppo, però, non mi accorgo che sto pensando a tutto questo seduto su un cavallino, preceduto da una mini carrozza e seguito da un'automobilina. La giostra è un gioco per tutti, grandi e piccini, nel senso che tutti ci devono giocare.

Penso anche a questo, stamattina, perché, come ogni mattina del giorno del mio compleanno, mi sono svegliato prestissimo e quindi ho (più) tempo (del solito) per lanciare i miei pensieri a folle velocità nell'autostrada della mia mente. Da quando ho memoria dei miei compleanni è sempre andata così e sono certo che mi capitava anche da bambino. Sicuro mi svegliavo nella mia stanzetta e mi mettevo a frignare alle prime luci del mattino per avere un pò di considerazione. Per la "gioia" dei miei genitori che, assonnati e confusi dal risveglio traumatico, trovavano subito la lucidità per perdonarmi con un sorriso e calmarmi. Mentre mio fratello dormiva, come se niente fosse. E' sempre stato più grande di me, nonostante l'età. Non che ora non abbia pensato di mettermi a frignare; diciamo però che mi sono evoluto, perciò non scrivo più lacrime e piagnistei ma emetto parole su un foglio virtuale. I verbi non sono sbagliati, perché il concetto di fondo, per me, è identico.

La vita è fatta di attimi. Nel senso che, per accorgersi di questo gioco ipnotico quotidiano in cui, tra l'ilarità generale, siamo stati coinvolti dal Mago dei maghi, ogni giorno bisogna fermarsi un attimo. Per godersi le sensazioni di quel momento. E orientare i propri pensieri, che si fanno ingolosire dall'autostrada di cui sopra, gareggiando in modo selvaggio e senza regole, e convogliarli in quella direzione. Ecco, uno di questi attimi è proprio il risveglio la mattina del mio compleanno. E' complicato descrivere una sensazione, soprattutto quando davvero dura pochissimo, forse nemmeno un istante. Quanto ci mettono le telecamere degli occhi ad accendersi e il satellite del cervello a diffondere le immagini. Ma è proprio quell'attimo che adoro, quel momento di semi-incoscienza in cui sei più fragile di un foglio di carta bruciato ma ancora integro, che basta un soffio d'aria per ridurlo in centinaia di coriandoli neri, stavolta, però, condito dalla certezza che non si tratta di un giorno o di un momento qualsiasi. Un pò come la mattina di Natale, per intenderci. O la mattina dopo un esame, quando realizzi che, per l'appunto, è la mattina dopo l'esame e non quella prima. O ancora quando avverti l'amicizia di un amico o di un'amica da uno sguardo. O quando guardi la donna di cui sei innamorato, mentre si avvicina a te ma ancora non ti ha visto. Non trovo le parole adatte, del resto una sensazione si avverte e basta; se la si potesse sempre descrivere a parole non sarebbe più tale. Sarebbe scontata, comune, stereotipata, ci farebbero subito libri e magari anche un film.

Il bello di non poter descrivere una sensazione sta nel fatto che uno la prova e la tiene per sè, convinto dell'originalità del proprio pensiero e della sua conseguente immortalità. In realtà, però, è proprio l'illusione dell'unicità a renderci tutti uguali. E tutti umani, senza vergogna. Siamo costretti a recitare, ad assumere pose e ad imparare gestualità e rituali per stare al passo. A volte ci forziamo pure e ce lo imponiamo, violentando i nostri desideri e le nostre inclinazioni. Ma in questo grande teatrino, dove tutti, volente o nolente, hanno una parte (e di solito è quella sbagliata), c'è ancora spazio per l'improvvisazione, necessaria per disfarsi del canovaccio che ci hanno dato all'ingresso e far esplodere qualcosa dal proprio petto in faccia al regista ed allo sceneggiatore. Come un conato di vita che non possiamo trattenere. Un orgasmo di emozioni e stati d'animo che dà fuoco all'intero teatro, scoprendo, dietro le quinte, un panorama che ognuno di noi ignorava, anche se dietro l'angolo. E l'improvvisazione è figlia di quegli attimi di cui dicevo. Tanto forti quanto impercettibili. Come la mattina del mio compleanno. E perché no, anche come i giorni a seguire.

Di più non riesco a dire, davvero. Non saprei trovare altre parole per descrivere quest'attimo e tutti quelli che gli assomigliano. Però posso dirvi che, senza volerlo, stamattina mi sono svegliato sorridendo. Perché è vero che 24 ore fanno un giorno. Ma 24 attimi fanno una vita.

Grazie a tutti. Per ogni attimo.

1 commento:

  1. Molto bello...Davvero...auguri da quello che si sveglia dopo e che cresce ogni anno un giorno dopo di te...Ti voglio bene fratello-coinquilino

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