martedì 28 giugno 2011

Una musica.

La musica dice tutto. E lo fa in modo schietto e senza troppi giri di parole. Va direttamente al cuore, così è sicura di non sbagliare. Ogni singola nota sprigiona un intero vocabolario di suoni, a seconda dell’intento di chi quella canzone l’ha scelta o la sta cantando.

Una musica da dedicare alla persona che si ama o che comunque, per un motivo o per un altro, ti ricorda quella persona. Perché avresti voluto dedicargliela prima o poi, ma non ne hai avuto mai la possibilità e forse mai la avrai. E resterà un aborto di sentimento.

Una musica da sussurrare al suo orecchio, per farla sentire importante. Un’esibizione riservata ad una sola spettatrice. Una melodia suonata con i polmoni e con l’anima. Ma sottovoce, per chiudere in un cerchio trasparente e leggero quell’istante in cui i vostri occhi si sono incrociati e hanno capito e il tuo respiro si è mischiato col suo. E conservare in quel gomitolo di note stonate quell’attimo. Per sempre.

Una musica che ha segnato momenti importanti della tua vita. Una festa con amici, una macchina in panne, un singolo episodio apparentemente insignificante che esplode in tutta la sua grandezza solo se lo ricordi anni dopo, una serata di eccessi oppure una notte di improvvisati giacigli in spiaggia a guardare le stelle.

Una musica di un viaggio in macchina. Guidando senza mani perché troppo impegnate a simulare un assolo di batteria. Oppure perché necessarie a completare la coreografia danzante inventata dai passeggeri di quel giorno indimenticabile. Che poi è solo grazie a quella musica che ricordi anche dove stavi andando.

Una musica che sa sempre quello che senti. Che si modella perfettamente sul tuo stato d’animo e forgia una corazza impenetrabile. Al cui interno nessuno saprà mai se ci sarà dolore o gioia. Vedranno solo una bocca che canta o fa finta di cantare, due mani che vanno a ritmo e forse qualche lacrima. E non ci capiranno nulla. E tu continuerai ad andare avanti, a procedere lungo la strada che stai percorrendo, stando attento alle macchine mentre la attraversi. E a nient’altro.

In questo momento sto suonando un vecchio pianoforte scordato, senza un piede, parzialmente sciolto dal sole e con i tasti bianchi e neri messi a casaccio. Viene fuori una musica meravigliosa. Che non potrò sussurrare a nessuno e che quindi ascolterò solo io. Perché sto cantando a voce troppo bassa. O forse perché non ho mai cantato veramente.

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