domenica 5 giugno 2011

Se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre.

Nelle ultime settimane la parola più letta, ascoltata, disegnata, ripetuta, è uno dei due monosillabi più famosi della storia della lingua italiana: il SI. L'altro, il gemello, quello solitamente cattivo, è ovviamente il NO. Si parla di referendum, volontà popolare, acqua, centrali nucleari (e quindi di Giappone) e legittimi impedimenti a farsi processare (un pò come le proibizioni di madri, spose e medici curanti che impedivano a Fantozzi e colleghi di partecipare alla partita di calcio dell'azienda). Insomma, argomenti decisamente eterogenei, ma sottoposti al voto cittadino nello stesso momento, con la stessa scheda e la stessa matita. Per la serie: cosa ci fanno una San Pellegrino, un atomo e un legittimo delinquente in una cabina elettorale? Barzelletta o ennesima sfida per MacGyver? La bellezza dei referendum.

Per completare degnamente la faccenda, spruzzandoci sopra un pò di pepe, il cittadino non dimentichi che per dire SI deve sbarrare NO e per dire NO deve sbarrare SI. D'altronde si è detto che sono monosillabi gemelli, il che porta molto spesso a confonderli tra loro. Si assomigliano così tanto. Resta inalterata, invece, la modalità di espressione del voto di astensione, se così si può dire. Nonostante i tentativi degli organizzatori di stravolgere pure quello, ad esempio obbligando l'astenuto a presentarsi comunque al seggio e fare una pernacchia agli scrutinatori mentre appallottola la scheda elettorale e fa canestro nel cestino con le farfalle della solita scuola elementare, per poi andarsene ridendo a crepapelle (ma la Lega ha opposto il copyright vantato sulla suddetta pernacchia, in quanto fonema principale del vocabolario del Carroccio). Oppure di prendere il foglio con i quesiti referendari, farne un aeroplanino e lanciarlo in direzione dei rappresentanti di seggio, simulando il rumore del motore con la bocca. Subito scartata, invece, l'ipotesi di creare un origami random col foglio di cui sopra, in quanto il richiamo al Giappone avrebbe condizionato il voto sul nucleare (avete visto che si finisce sempre a parlare del Giappone??).

Si diceva del SI. "Vuoi tu prendere come legittima sposa...?" Ecco, in questa situazione non è possibile confondere il SI col NO, né dire l'uno per intendere l'altro. Si deve dare una risposta, anzi "la" risposta che tutti si aspettano, genitori, parenti, suoceri e soprattutto lei, la sposa. Ora, un referendum non è un matrimonio. Ognuno è libero di esprimere la propria opinione, senza temere la reazione di nessuno. E ci mancherebbe pure. Ma non è questo il punto. Come non lo è nemmeno la problematica su quanto sia opportuno sottoporre alla gente quesiti troppo tecnici oppure su quale sia la posizione di quel partito o di quel politico in merito. No. Io penso che le due cose - matrimonio e referendum - abbiano in comune un aspetto a monte, ossia il momento in cui il prete di turno, prima di dichiarare la coppia marito e moglie, pronuncia la famosa frase: "Se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre!". Quella frase che ognuno di noi (da mero invitato alla celebrazione, ovviamente) ogni volta ascolta con un misto di stupore e ironia, chiedendosi come possa mai accadere che qualcuno in chiesa si alzi all'improvviso e dica la sua su presunti ostacoli all'unione dei due nubendi, come un Don Rodrigo dei poveri o l'amico ubriaco dello sposo nei film americani di quart'ordine. Temendo, inoltre, per l'imminente cena-buffet, unico vero motivo del sacrificio di quella giornata campale in giacca e cravatta.

Beh, ecco, anche per il referendum ciò che conta è poter parlare. Non importa se per dire SI o per dire NO. Ma l'importante è dirlo. Ossia, andare a votare. Esprimere la propria opinione. Metterla nero su bianco. Per farsi sentire. O, altrimenti, tacere per sempre. Perché è giusto che sia così, se si sceglie di non sfruttare la possibilità che un referendum concede al cittadino. Perché lo dice la Costituzione che la sovranità appartiene al popolo, che, è vero, quando ha dovuto scegliere ha scelto la Repubblica, ma solo perché non voleva altri sovrani oltre a sè, almeno sulla carta. Nella cabina elettorale ognuno è re per un momento. Come tutti gli altri. Perché è questa la magia della democrazia e dei referendum: condividere un regno con milioni di persone, tutte, almeno per due giorni, uguali tra loro.

Non so come andrà a finire questo referendum. L'importante è che, una volta invitati, come accade ai matrimoni, ci si rechi alla funzione il giorno stabilito. E' anche una questione di educazione. E, sempre come ai matrimoni, certo suonerebbe proprio male sentir dire NO. Perché quasi tutti, in fondo in fondo, desiderano che venga detto il fatidico SI. Cosicché, alla fine di tutto, per festeggiare, si possa tirare il riso. Addosso agli sposi e in faccia a chi so io.

E vissero tutti felici e contenti.

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