mercoledì 10 agosto 2011

Volare col vento.

Vento di maestrale. Ieri era grecale. Stamattina libeccio, o almeno così sembrava, perché, come dice sempre mio padre, "se non capisci che vento è, allora è libeccio". La rosa dei venti che turbina e si agita tra le mani di non so chi, che evidentemente è innamorato di una donna e, seduto su una nuvola, studia le probabilità di successo di quel tormentato amore sfogliando e staccando i petali di quella rosa al ritmo del più classico dei "m'ama o non m'ama". E ad ogni petalo che cade nel vuoto, sparisce il corrispondente vento e si fa strada quello successivo, secondo un ordine prestabilito che, come mi ha insegnato mio nonno che adesso i venti li guarda e li ascolta da dove essi hanno origine, risponde al nome del musicale acronimo "gre-sci-li-ma".

Lo spettacolo del tempo che corregge il suo stato d'animo per non contraddire il vento e andare d'accordo con lui. L'afa che si innalza nel cielo quando spira lo scirocco, il vento della terra, della sabbia; il cielo pulito dalle nuvole e di un azzurro intensissimo quando è spirato il grecale, il vento di bel tempo; il mare mosso e scosso quando soffia il greve e grave maestrale; l'aria indecisa e le nuvole che bussano alla porta quando arriva il libeccio. Starei un intero giorno a guardare tutta questa bellezza, a osservare la potenza della natura che, con uno schiocco di dita, è in grado di sconvolgere tutto e subito dopo di riportare la calma su quel tutto tremante e sudato.

Per questo penso che sia il vento il vero signore silenzioso del mondo. Un portentoso soffio di vita che ci spinge verso mete ignote: basta lasciarsi trasportare, come fanno gli uccelli quando fingono di volare, ma in realtà aprono le ali solo per beccare la corrente giusta e, tenendole immobili, arrivare a destinazione. E sarebbe sbagliato fermarsi davanti all'apparenza che ci induce a credere che noi le ali non le abbiamo e mai potremo averle. In verità, noi non le abbiamo incorporate come gli uccelli, ma possiamo crearle dal nulla e indossarle all'occorrenza, ad esempio leggendo un libro, oppure sognando di notte, oppure ancora semplicemente amando qualcuno.

A quel punto, quando esse magicamente saranno apparse di fianco a te e tu le avrai poggiate sulle tue spalle, sorpreso del fatto che siano della misura giusta al primo tentativo, allora non resterà che affacciarsi alla finestra e attendere il vento giusto. E quando arriverà, e lo saprai solo tu, ti porterà con sè e finalmente sarai in volo e potrai fare l'occhiolino ai gabbiani che ti volano accanto. Avvolto da quella brezza che, vista dall'alto, è veramente tutta un'altra cosa.

E profuma delle pagine del libro che stavi leggendo o del letto in cui stavi dormendo. O della donna che ami. E basterà una sola occhiata per riconoscerla dall'alto, tra la gente. Ognuno è un puntino visto da lassù, ma lei è quello che, ai tuoi occhi, brilla come e più di una stella. La saluterai agitando goffamente un'ala e quando tornerai a terra e le ali saranno sparite lei ti correrà incontro e ti abbraccerà sorridendo.

E accarezzandoti, tra i tuoi capelli o sulle tue spalle, troverà una piuma.

"La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare".

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