sabato 17 settembre 2011

Fate come i due liocorni.

Ogni tanto mi ritorna in mente quell'insulsa canzoncina che ci veniva cantata e che cantavamo da bambini e che metteva insieme un'accozzaglia di animali presi a casaccio - due coccodrilli, un orango - tango, due piccoli serpenti, un'aquila reale, un gatto, un topo e un elefante - e che, ignorando inspiegabilmente tutto il resto della fauna mondiale (che sentitamente ringraziava), affermava, con un piglio da Piero Angela, che "non manca più nessuno", se non fosse stato per quegli asociali dei due liocorni che "non si vedono".

Io ricollego questo tedio canoro a quelle festicciole in cui decine e decine di marmocchi (io di solito me ne stavo per i fatti miei, in verità), dopo aver devastato i salotti di innocenti case messi inopinatamente in ordine dalle famiglie ospitanti prima della calata di quei piccoli Unni (lavoro totalmente inutile: che fosse stato il palazzo reale o un trogolo non sarebbe cambiato nulla per quella marmaglia), venivano messi in riga da animatori poco animati e necessitanti di una rianimazione a fine pomeriggio, per cantare tutti insieme una serie di canzonette ridicole come questa. Che veniva sapientemente inserita al momento clou di quell'aborto di ballo di gruppo, in quanto hit intramontabile e di sicuro coinvolgimento, utile inoltre a dare il tempo agli stravolti genitori di sparecchiare la tavola dai panini al burro col salame e dalle patatine, per prepararla all'avvento della torta ("Questa è l'ultima: la prossima festa sarà quella dei 18 anni!". Le ultime parole famose.).

Al momento della kermesse canora, venivo dunque estratto dal cunicolo che mi ero saggiamente scavato per starmene tranquillo, per essere catapultato in quella simpatica baldoria. E' stato in quelle occasioni che ho scoperto il play back. Muovevo la bocca tipo pesce e il corpo come una marionetta, lasciandomi trascinare da quella folla di nani urlante e festante e sperando che il tutto finisse al più presto, magari con un colpo di scena (per esempio, con la caduta di un bambino e lacrime conseguenti) o con una mia fuga strategica.

Comunque sia, appena arrivava puntuale la canzoncina di cui sopra, evitando accuratamente di fare le mosse per imitare gli animali in oggetto, preferivo immaginarmeli. Non so voi, ma io vedevo due coccodrilli chissà perché in piedi e con la bocca sempre spalancata, evidentemente colpiti da una paresi facciale; un vecchio orango - tango rincoglionito, spelacchiato e incontinente; due piccoli serpenti, certo più simili a patetiche bisce che ad altro; un'aquila reale perennemente appollaiata e dormiente, che poteva essere benissimo un grosso piccione; e infine quel trio meraviglioso costituito dal gatto, dal topo e dall'elefante, con quest'ultimo che, forse per l'accostamento con due animali di taglia piccola, veniva da me immaginato piccolo in egual modo, delle dimensioni di un cane per intenderci, che in confronto Dumbo era già un gigante.

Se oggi penso a quella canzone, naturalmente, in prima battuta, sorrido. Poi però ci rifletto e mi rendo conto che rispecchia perfettamente la società di oggi, con la gente che cerca in ogni modo di diventare qualcuno, ispirandosi a modelli esterni che vengono portati sul palmo della mano e idolatrati, senza che in realtà abbiano un merito ben preciso, collezionando piuttosto, e a ben guardare, più demeriti che altro. E meritando, in effetti, di essere canzonati da un coro di bambini.

C'è chi vuole diventare come uno dei due coccodrilli, spietato e in combutta con qualcuno più stronzo di lui, pronto a sottrargli la preda per farlo morire di fame; chi invece preferisce accomodarsi in un luogo tranquillo e al riparo dal mondo, masticando per tutto il giorno quello che la natura gli offre e senza muovere un dito, nemmeno per ringraziare, come l'orango - tango; chi ha pensato bene di strisciare via e scappare dalle difficoltà di ogni giorno, avvinghiandosi intorno a tronchi di ulivo che prima o poi verranno colpiti da un fulmine, proprio come i due piccoli serpenti; c'è chi crede che stare in alto come l'aquila reale voglia dire comandare ed avere potere, ma non riesce a vedere cosa accade sulla terra, nella realtà di ogni giorno, finendo per vivere nel suo cielo di sogni; e chi, infine, si mette in società, come il gatto, il topo e l'elefante, in quel trilatero circolo vizioso in cui ognuno ha paura dell'altro e vive nella continua tensione di guardarsi le spalle, ignorando di fatto il futuro.

Ecco, bisognerebbe prendere come esempio i due liocorni. Che "non si vedono" perché, in realtà, non si vogliono far vedere. Lasciano che siano gli altri animali a farsi mettere alla berlina ogni santa volta che parte la canzoncina e si nascondono in qualche anfratto della foresta per costruire da sè il proprio futuro, trombando nelle pause e ridendo alle loro spalle.

Ecco perché, se ci pensate, nessuno, in effetti, ha mai visto un liocorno.

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