giovedì 1 settembre 2011

Uno settembre.

L'uno settembre è probabilmente il giorno più brutto dell'anno. E' l'inizio e la fine insieme, terribile ossimoro che crea incertezza di stati d'animo. L'inizio di un mese e la fine di una stagione, alla faccia dei solstizi e degli equinozi, giorni di confine già di per sè impronunciabili.

Tutto intorno si fa più scuro. La luce accecante dell'estate, che ha raggiunto il culmine nel mese di agosto, piano piano si offusca. Come se qualcuno, con un telecomando, abbia deciso di diminuire la luminosità dell'immagine di quella trasmissione senza pubblicità che è la vita. Oppure come un velo di cenere che un'eruzione vulcanica ha depositato su ogni cosa, così da riportarci a terra, dopo che abbiamo intrapreso la scalata di quel vulcano raggiungendone la cima sotto un sole caldo e sorridente, a piedi nudi per la fretta di arrivare prima degli altri.

I colori tendono dunque al grigio, ma non quel grigio brutto che ispira tristezza. Piuttosto, è un colore di chiusura, serio e austero, malinconico al punto giusto, rassicurante come la mano di un padre che si posa sulla testa del figlio e lo consola, se per un momento una lacrima dovesse rigargli il viso, accanto alle gocce d'acqua di piogge rinfrescanti che si riaffacciano sul mondo, anche loro in punta di piedi, morbide e discrete.

Si svuotano le strade, le spiagge, i cuori. Si riempiono però gli occhi, di ricordi recenti che forse ancora non sono catalogabili come ricordi, perché i concetti di ieri o avant'ieri non sono conciliabili con il passato, bensì assomigliano piuttosto a un presente con qualche ruga, ma ancora affascinante, tantè che lo si racconta di continuo, tra amici e parenti, per celebrarne la bellezza, con dovizia di particolari e di sorrisi.

Penso a tutto questo quando l'uno settembre percorro in macchina il tragitto che per poche altre volte, quest'anno, mi porterà da casa al mare e viceversa. Quel mare che alle otto di sera è ancora caldo e si colora di rosso perché sullo sfondo il sole sta tramontando, impaziente di lasciare il posto alla luna, che in realtà è già piazzata lì, a forma di falcetto, come un ghigno sinuoso, sottile e beffardo. Come un ciglio caduto dall'occhio del cielo.

Perché anche il cielo saluta l'estate. E chiude gli occhi per la goduria di chi ne assapora gli ultimi istanti.

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