lunedì 23 aprile 2012

Anche i cuochi si fanno il bidet.

Tutti aspirano alla fiducia degli altri. Ma pochi, veramente pochi, ispirano fiducia a loro volta. Per colpa di questo piccolo cambio di vocale, a ben guardare, il mondo è un ingranaggio che, nell'attesa di qualcuno che possa oliarlo per bene, fa una fatica assurda a girare attorno al proprio asse, muovendo e intersecando fra loro la terra e l'acqua che, a contatto l'una con l'altra, stridono, producendo un frastuono insopportabile. Troppo facile pretendere dagli altri, troppo difficile accontentare chi pretende nei propri confronti. E così via, come tanti ricci ingolfati in una gabbia, che provano a strofinarsi reciprocamente in cerca di affetto, ma finiscono puntualmente col farsi male coi loro aculei.

E allora ogni persona va per la propria strada, rinunciando all'idea che qualcun altro possa essere d'aiuto nella sua ricerca disperata di un motivo per chiudere la porta di casa, ogni mattina, col sorriso. Osservo quotidianamente gente che cammina a testa bassa, con cuffie nelle orecchie che non trasmettono musica, ma solitudine. Che abbozza un saluto al barista di turno, il quale, quel giorno, ha casualmente dedicato qualche secondo in più del solito a quel triste habitué, versandogli un bicchiere d'acqua gassata ancor prima che lui glielo chiedesse sottovoce.

Eppure, basterebbe così poco per comprendere il senso del vivere con gli altri, la bellezza di condividere un'idea, o, ancor di più, di scontrarsi col pensiero del primo passante.  Le persone, credo, pensano che sia meglio creare un alter ego, così da avere, da un lato, una personalità anonima da sfoderare in pubblico, dall'altro, un io arrabbiato che ogni sera si sfoga davanti allo specchio, criticando ferocemente chi si comporta come lui. Rimane un mistero, per me, il motivo per cui gran parte dell'umanità si ostini ad essere, in fondo, nient'altro che un paio di calzini, ossia doppio, ma, in realtà, uguale a se stesso, nonostante ce la metta tutta per apparire diverso.

E dunque ciascuno dovrebbe provare, sforzarsi almeno, ad aprirsi al prossimo, cercando di aiutare un cieco, anziché guardarlo con curiosità mista a diffidenza, ignorando il fatto che lui vede il mondo in un modo che nessun occhio umano può solo immaginare di fare. Perché si fida degli altri, deve farlo, ma ne farebbe volentieri a meno.

Ebbene, un buon inizio sarebbe il dialogo, mattoncino ideale per costruire la fiducia negli altri, e dunque il senso di comunità. Perché, anche chi rifiuta con diffidenza di assaggiare un croccante offerto dalla vecchina seduta accanto a lui sul treno, chi si sfrega le mani con comuni disinfettanti tascabili dopo aver fatto l'elemosina o il segno della pace in chiesa, chi preferisce perdersi per strade sconosciute piuttosto che chiedere indicazioni a chicchessia, chi si ostina a camminare a testa bassa e mugugnare saluti in pubblico, chi, insomma, schifa tutto e tutti, forte dell'autoconvinzione di doversi preservare dal mondo intero, ecco, proprio costui, dovrà fare i conti col fatto che anche i cuochi  dei migliori ristoranti, o di quelli da lui abitualmente frequentati, immancabilmente, si fanno il bidet.


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