mercoledì 9 novembre 2011

Pù, passa Paperino.

Riflettevo sul fatto che l'ultima scena dello spettacolo (dei pupi) del Governo Berlusconi, quella in cui al vertice di Palazzo Grazioli, tenutosi nella notte precedente al voto fatidico dei 308, ha fatto capolino una Smart col peluche di Paperino sul cruscotto, ecco, quella scena, secondo me, rispecchia alla perfezione la situazione politico-sociale italiana. Pù, passa Paperino, appunto.

Appare inevitabile e quasi naturale, cioè, concludere la pantomima di questo Governo bislacco, caotico e confuso, ridicolizzato dal mondo, depresso e deprimente al tempo stesso, con una filastrocca, che ha ad oggetto una conta, appunto, quella che Berlusconi ha fatto anche ieri, alla Camera, per rendersi conto (scusate la volontaria ripetizione) di non avere più i numeri per governare, o per tirare a campare, che dir si voglia.

Un uomo, Berlusconi, che ha esordito nella propria carriera politica facendo sorridere con le sue barzellette e col sorriso sicuro del self-made-man e ha concluso tale carriera facendo ridere e basta, togliendo così a quest'ultimo verbo il prefisso "sor" degli inizi, tre lettere che richiamano alla mente la Sora Cesira, ultima tra i tanti che adesso se la ridono per davvero.

Un personaggio comico, che a un certo punto può anche impietosire, che se la prende con la sfortuna ma non con la propria pigrizia, che gira nudo per la strada e poi, quando fa la doccia, mette un asciugamano intorno alla vita per il pudore che non può avere: un Paperino, appunto. Con tanto di divisa da marinaio, indumento che ricorda gli esordi del Premier sulle navi da crociera, guardacaso, nel ruolo di chi deve intrattenere la gente facendola ridere anche quando non ne ha voglia.

Una commedia disneyana, infine, quella del Governo Berlusconi. Un cartone animato, in realtà. Di quelli che, però, non guarda più nessuno: troppo ridicolo per gli adolescenti e troppo brutto per i bambini. Di adulti, manco a parlarne. Tranne per quelle volte in cui, a questo cartone, si sono intervallati film a luci rosse, stridenti, con tutta evidenza, con la cornice in cui sono stati forzosamente inseriti, tant'è che molti italiani, più per ignoranza che per ritegno, si sono coperti gli occhi con le mani. Ma, nonostante questo, sono andati comunque a votare.

Tutto questo, tuttavia, ha avuto una fine, come ogni cartone animato che si rispetti. Non tutti vissero felici e contenti, anzi, in realtà, praticamente nessuno. Nemmeno le opposizioni, che, in questa situazione, si sono dimostrate più cervellotiche di Archimede Pitagorico, più incomprensibili di Eta-Beta e più litigiose della Banda Bassotti, non essendo state in grado, a tutt'oggi, di sfruttare questa incredibile fortuna alla Gastone di cui sono, forse immeritatamente, destinatarie.

In tutto questo, non me ne vogliano i personaggi della Disney, e in special modo Paperino, che ho sempre preferito a tutti gli altri, da quando ne leggevo le "imprese" sul Topolino, e che, anche adesso, come si può notare, non dimentico, o sono costretto a non dimenticare.

E' passato, quindi, anche questo Paperino. Nella notte di Palazzo Grazioli, prima del giorno dei 308, nuovo numero da smorfiare, se solo si potesse giocare. Ultimo atto di una tragicommedia politica di cui tutti gli italiani sono stati, in fondo, attori principali. A stipendio dell'Europa, come Paperino lo è di Zio Paperone.

Per tutti, dunque, è passato Paperino.

Solo dopo, però, che ognuno di noi abbia giustamente sputato.

"Sic transit gloria mundi". "Sic transit Paperino".

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