mercoledì 12 ottobre 2011

Lo spettacolo.

Anche questa sera dormirò. Alla fine, il sonno prenderà il sopravvento, nel modo più naturale possibile. E io chiuderò gli occhi, prendendo in giro il sonno anche questa volta. Sì, perché la mia mente rimarrà sveglia, senza bisogno di caffè, ma solo grazie ai continui scossoni che le darà il cuore, tra un battito e l'altro.

E la mente penserà a te. Come sempre. Ignorando tutto il resto. E ce ne vuole, considerando quante miriadi di cose bussano alla porta di una mente in una notte, per essere ricordate. Eppure, pensa solo a te. La mente ha lo sguardo fisso sul tuo viso, sulle tue palpebre di miele.

Come fanno le cassiere quando un cliente va a pagare: guardano puntualmente in un'altra direzione, ignorando il malcapitato di turno mentre maneggiano il denaro e imbustano la merce, fissando un punto lontano verso il quale ognuno, dalla fila, si volterà almeno una volta, titubante, per capire di cosa si tratti.

Ecco, anche tutte le cose che passano per la mia mente, di notte, si voltano a guardare nella direzione dalla quale la mente stessa è attratta ogni attimo di più, avendo occhi solo per lei. E vedono ogni volta uno spettacolo diverso, ma comunque uno spettacolo.

Lo spettacolo di te che sorridi imbarazzata, arricciando poi il naso per cercare di frenare l'istinto che ti fa parlare con gli occhi. E alla fine nascondi il viso tra le mani, per contenere quel fiume in piena di sensazioni che ormai hai lasciato scorrere verso di me, spezzando dighe e argini che in fondo nessuno può credere possano davvero servire a fermarti.

Lo spettacolo dei tuoi gesti, soprattutto di quelli impercettibili, di cui mi accorgo solo io. Vocabolario di parole universali, che diventano particolari se rivolte a me. E che traducono significati molteplici, ognuno con un colore diverso, ognuno puro come le domande di un bambino, ognuno vivido e reale, sebbene a volte tu cerchi di nasconderli, incapace però di tenere il segreto per te.

Lo spettacolo della tua voce che, seppur sussurrata, provoca in me un trambusto assurdo. Perché parla di argento e oro, di cose vicine e lontane, di bianco e di nero, di sole e di luna. Di tutto, insomma. Di un tutto del quale non avevo mai avuto così bisogno in vita mia.

Lo spettacolo di te che non te lo spieghi e ti meravigli. E me lo domandi ancora. E ancora. E io, mentre ti rispondo, capisco quanto sia bello ripetersi. E sorprendersi ogni volta che ci interroghiamo a vicenda, come se fosse il primo giorno di scuola e mai l'ultimo.

Infine, lo spettacolo di te, che sei qui con me. E di me, che ancora non ci credo.

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